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Scopri il versante orientale del Basso Salento. Attraversa in bici i paesaggi salentini ricchi di dolmen e menhir, tracce megalitiche di antiche civiltà. E unisciti a noi per scoprire le testimonianze preistoriche di questo lembo di Puglia.
Difficoltà
Facile
Esperienza richiesta
Bassa
Allenamento richiesto
Basso
Durata
1h 45
Distanza
27,1 km
Salita totale
100 m
Discesa totale
100 m
Altitudine massima
100 m
Altitudine minima
70 m
Velocità media stimata
15,5 km/h
Tipi di strada
<100 m singletrack
4,16 km sentiero
5,26 km strada secondaria
17,6 km strada
Superfici
3,73 km non asfaltata
136 m pavé
8,69 km lastricato
13,8 km asfalto
704 m sconosciuto
Il Dolmen Stabile si trova nel territorio di Giuggianello, al confine con quello di Giurdignano. È conosciuto anche come Dolmen Quattromacine per la sua vicinanza all’omonima masseria. Fu scoperto nel 1893 dallo studioso salentino Pasquale Maggiulli. La struttura è alta 1,05 m e larga 2,60 m ed è coperta da un unico grande lastrone irregolare, intorno al quale è scavata una canaletta che confluisce in un foro scavato nella roccia in corrispondenza dell’ingresso. Pur in assenza di dati di scavo, anche per il Dolmen Stabile è ipotizzabile una destinazione funeraria e/o rituale ed una cronologia collocabile nell’età del Bronzo, probabilmente tra la fine del III e la prima metà del II millennio a.C., epoca in cui si datano gli altri dolmen salentini. Il monumento rientra anche nella Traccia 8 “Giuggianello-Castro”.
Il Dolmen Grassi, nel territorio di Giurdignano, si trova all’interno di un uliveto nell’omonimo fondo ed è costituito da due strutture disposte a pochissima distanza tra loro. Mentre una si presenta semidistrutta a causa del crollo del lastrone di copertura, l’altra è in uno stato di conservazione migliore, presentandosi come una piccola cella alta circa 90 cm e coperta da un grande lastrone. Anche in questo caso mancano dati di scavo, ma è possibile ipotizzare, grazie a confronti fatti per altre strutture simili del territorio, una destinazione funeraria e/o rituale e farlo risalire all’Età del Bronzo (fine III-prima metà II millennio a.C.). Fu scoperto nel 1883 da due studiosi, Pasquale Maggiulli e Cosimo De Giorgi.
Il Menhir di San Paolo si trova al confine del centro abitato di Giurdignano. È stato individuato da De Giorgi alla fine del 1800 ed è caratterizzato dalla presenza, al di sotto dello sperone di roccia su cui è fissato, di una cripta, probabilmente di epoca bizantina, dedicata a San Paolo, da cui deriva il nome. La sua altezza è di circa 2,30 m e sulle facce presenta croci incise e tacche, oltre a una cavità sulla parte superiore. Questi elementi, uniti alla presenza della cripta, testimoniano un riutilizzo del monolite in chiave cristiana a partire dal Medioevo.
Il Menhir Vicinanze 1 è stato descritto per la prima volta da Cosimo De Giorgi alla fine del XIX secolo e prende il nome dalla contrada di Giurdignano in cui è collocato. È a circa 200 m dal Menhir Vicinanze 2 e si presenta come un monolite alto circa 3,70 m in pietra leccese, con una croce incisa su una delle facce, segno del suo riutilizzo nel corso del Medioevo. Sulla faccia opposta a questa è evidente, nella parte alta, un foro circolare cieco, caratteristica riscontrata anche in altri menhir del Salento e di Puglia.
Il Menhir Vicinanze 2 è uno dei due monoliti che si trovano a pochissima distanza tra loro nell’omonima contrada di Giurdignano. È stato descritto per la prima volta da Cosimo de Giorgi, importante studioso locale, alla fine del XIX secolo. Il menhir è alto 3 m ed è posto su uno sperone roccioso. Secondo alcune notizie, negli anni ’30 del Novecento il monolite si è rotto in due parti, restaurate successivamente nel 1953.
Dolmen Li Scusi si trova nel territorio di Minervino di Lecce, all’interno di un uliveto. Fu esaminato per la prima volta nel 1867 dallo studioso locale Luigi Maggiulli e solo successivamente descritto da Cosimo De Giorgi. Si tratta di una struttura di notevoli dimensioni, che raggiunge un’altezza di 1,10 m, una larghezza di 3,80 m e una profondità di 2,45 m, coperta da un unico grande lastrone, che presenta sulla superficie un foro. Pur in assenza di rinvenimenti archeologici, come per gli altri dolmen salentini è ipotizzabile una datazione relativa all’Età del Bronzo (fine III-prima metà del II millennio a.C.) e una funzione legata al seppellimento dei defunti o a pratiche rituali.
Il Menhir è stato scoperto per la prima volta da Giuseppe Palumbo, storico e ricercatore locale, nel 1951, in località Monticelli nel comune di Minervino di Lecce. Il monolite, realizzato in calcarenite, è alto 2,25 m e presenta una forma irregolare e tracce di erosione.
Il menhir si trova in prossimità della chiesa del Crocefisso nel Comune di Muro Leccese. È stato identificato per la prima volta nel 1951 da Giuseppe Palumbo. Su una delle facce presenta due croci graffite e questo elemento, collegato alla vicinanza con l’edificio religioso, mostrano un suo riutilizzo con una connotazione sacra nel corso del Medioevo e in epoche successive.
A Otranto, all’interno del Castello Aragonese, edificio di importanza storico-culturale costruito alla fine del 1400, è presente la mostra “I luoghi della Preistoria. Porto Badisco e la Grotta dei Cervi”. Qui sono conservate le testimonianze paleontologiche e archeologiche rinvenute lungo la fascia costiera del territorio di Otranto, anche attraverso virtual tour e filmati in 3D della cavità carsica, che ne rendono possibile la fruizione, e alcuni dei reperti rinvenuti negli scavi del 1970-1971 della Soprintendenza. La mostra affianca prodotti multimediali e reperti archeologici, con l’obiettivo di coinvolgere target diversificati e di offrire una visione innovativa dei luoghi della preistoria salentina, e costituisce il primo nucleo del Museo Civico di Otranto.
Nel Comune di Otranto si trovano siti archeologici che attestano una frequentazione dell’area dal Paleolitico e, con più continuità, dall’Età del Bronzo fino al XVI secolo. Uno dei contesti più interessanti è Grotta dei Cervi, situata nella frazione di Porto Badisco, che deve il suo nome alle rappresentazioni pittoriche che caratterizzano la cavità. La scoperta del sito risale al 1970 e da quel momento le campagne di scavo sono proseguite fino al 1997. I reperti e i pittogrammi sono la testimonianza di una frequentazione della grotta, probabilmente a scopo rituale, a partire dal Paleolitico superiore e in maniera più evidente nel corso del Neolitico (6.000 anni fa) e dell’Età del Bronzo, fino all’Età del Ferro (1.000-650 a.C.).
Le pitture più antiche, in ocra rossa, si trovano solo in un’area ristretta della cavità, mentre le successive, di colore bruno perché realizzate utilizzando guano fossile di pipistrello, occupano le pareti di tre corridoi.
Le rappresentazioni sono state studiate per la prima volta da Paolo Graziosi che nel 1980 pubblicò i risultati delle sue ricerche. Nel volume riportava la presenza di figure stilizzate rappresentanti arcieri accompagnati da cani durante la caccia al cervo (da cui deriva il nome della grotta) e momenti di socialità o lavoro agricolo. Insieme a queste, riconosceva la presenza di immagini astratte con connotazione simbolica, raffiguranti probabilmente la collettività e figure umane. Sono presenti anche un centinaio di impronte di piccole mani.
La natura della grotta e la presenza di queste pitture la identificano con un complesso santuariale di importanza internazionale nel quale si celebravano riti. Nella grotta sono stati rinvenuti anche numerosi reperti ceramici attribuibili alle fasi di maggior frequentazione della cavità; tracce di utilizzo del fuoco, buche scavate nella roccia e deposizioni di offerte di grani carbonizzati e ossa di animali, idoletti e “pintadere” (oggetti modellati a rilievo utilizzati per decorare a stampo) sono stati interpretati come legati ai riti che venivano svolti al suo interno. Inoltre, sono stati rinvenuti oggetti d’uso quotidiano come macine, fuseruole, lame in selce e ossidiana, asce, accette in pietra levigata, aghi, spatole e punteruoli in osso, oggetti d’ornamento tra cui bracciali e anelli in pietra e pendenti in osso e conchiglia.
I reperti rinvenuti negli scavi sono in parte conservati all’interno del Castello Aragonese di Otranto, che rientra in questo percorso, e nel Museo Archeologico Nazionale di Taranto, presente nella Traccia 8 “Nardò-Taranto”.
Il Comune di Maglie rappresenta un territorio rilevante per quanto riguarda la Preistoria del Salento, con numerosi siti di grande importanza culturale, naturale e paesaggistica, come Grotta Cattìe e dolmen e menhir dislocati nell’area rurale. È presente, inoltre, il Museo Civico di Paleontologia e Paletnologia “Decio de Lorentiis”, che conserva reperti relativi alla preistoria del territorio di Maglie oltre a quelli provenienti da molti siti archeologici del Salento, costituendo un punto di riferimento per la conoscenza della preistoria dell’Italia Meridionale. Al suo interno è inoltre presente una sezione etnografica con una collezione di arte e artigianato di popolazioni che in tempi recenti occupavano le regioni africane sub-sahariane, che permette di fare un confronto tra le attuali popolazioni tribali e le società preistoriche del passato. Insieme alla Biblioteca Comunale Francesco Piccinno, la più antica biblioteca pubblica di Puglia (fondata nel 1666), il Museo costituisce il complesso culturale cittadino denominato l’Alca. Il Museo Civico di Paleontologia e Paletnologia “Decio de Lorentiis” rientra in questo itinerario.
8.30
Ritrovo presso Museo Civico di Paleontologia e Paletnologia “Decio de Lorentiis” (Maglie)
9.00-12.00
Spostamento verso Porto Badisco passando per il centro storico di Muro Leccese e visita a Menhir Crocefisso, Dolmen Ore, Dolmen Stabile, Menhir Vicinanze 2 e 1, Menhir San Paolo, Dolmen Grassi, Dolmen Li Scusi, Menhir Monticelli
12.30-14.15
Pausa pranzo presso Bar Da Carlo (locale storico patrimonio di Puglia)
14.30-14.50
Spostamento verso Otranto
15.00-16.00
Visita Mostra su Grotta dei Cervi nel Castello di Otranto
16.00-16.25
Rientro a Maglie
16.30-17.30
Visita guidata Museo Civico di Paleontologia e Paletnologia “Decio de Lorentiis”
17.30-18.00
Termine delle attività e rientro
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POC PUGLIA 2014/2020 | Asse 6 | Azione 6.8
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